Dal 19 al 24 Ottobre al Teatro Tordinona Da I Fratelli Karamazov di F.M. Dostoevskij  Con Flavio Albanese e Tony Marzolla Drammaturgia e Reg...

IL GRANDE INQUISITORE

Dal 19 al 24 Ottobre al Teatro Tordinona


Da I Fratelli Karamazov di F.M. Dostoevskij 

Con Flavio Albanese e Tony Marzolla

Drammaturgia e Regia di Marinella Anaclerio 

Organizzazione Dario Giliberti 

Comunicazione Marilù Ursi 


 …perché sei tornato? No, non rispondere! Non hai il diritto di aggiungere niente a quello che hai già detto! 

Quindici secoli fa hai messo tutto nelle nostre mani… 

In questi quindici secoli siamo riusciti con grande fatica a sconfiggere quella libertà che tu avevi regalato agli uomini  e per la quale hanno tanto sofferto. 

Ora che abbiamo conquistato il potere in Tuo nome 

quella libertà sono venuti a deporla ai nostri piedi 

chiedendoci di gestirla per loro  e ora più che mai si sono convinti di essere liberi. 

Non ti permetterò di rovinare tutto!... 

Il racconto è una delle analisi più lucide sul rapporto fra l’essere umano e il clero di tutte le religioni. L’essere umano ha sempre avuto bisogno di un intermediario per relazionarsi al divino e su questo bisogno si fondano e si  distruggono  tutte  le “chiese”. 

La leggenda del grande inquisitore è uno dei capitoli più famosi all’interno del grande romanzo di Fedor 

Dostoevskij, I fratelli Karamazov, pubblicato in Russia nel 1880. Si tratta di un apologo, un racconto che Ivan Karamazov fa a suo fratello  Alesa Karamazov alla vigilia dell’assassinio del padre e della sua malattia mentale che lo porterà a vedere e dialogare con un originalissimo Diavolo. 

   Nella Spagna dell’inquisizione, tra i roghi degli eretici, appare un personaggio misterioso, forse proprio Gesù. La folla lo riconosce e comincia a chiedergli miracoli, lui resuscita una bambina, dona la vista ad un cieco, ma il vecchio inquisitore lo fa arrestare e portare in prigione. La sera i due si incontrano e l’inquisitore, forse in preda ad un delirio o forse no, gli spiega il motivo per cui lo metterà al rogo. Con estrema lucidità gli dice che la chiesa ha reso gli uomini felici, non lui, con la sua libertà. 

La chiesa e il clero ha completato meglio di lui la sua opera, l’uomo ha bisogno di qualcuno a cui inchinarsi, qualcuno da adorare. Gesù in definitiva ha chiesto all’uomo cose che lui, vile e pauroso, non può dare, l’uomo vuole il pane, non la libertà. 

  Dostoevskij in questo capitolo esprime la contrapposizione tra libertà e costrizione, tra fede nella vita e negazione di essa. Nella leggenda del grande inquisitore si esprime, un forte pessimismo per la condizione umana ma anche  l’esigenza di una spietata sincerità. 

  Quando Nietzsche lesse Dostoevskij, l’impressione che ne ricavò fu fortissima. Arrivò a parlare dell’autore russo come di un ‘fratello di sangue’. Come se avesse riconosciuto in lui le sue stesse ossessioni. E forse addirittura qualcosa di più: ossia un certo stile di pensiero, per cui l’idea non è mai un’astrazione, ma sempre e soltanto una realtà incarnata, realtà vivente, realtà fatta persona.

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